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PARETE GAUDENZIANA

 

LA PARETE GAUDENZIANA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE – VARALLO

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[Fonte Wikipedia]

Come avviene spesso nelle chiese francescane, l’aspetto esterno, alquanto spoglio, non lascia intuire la ricchezza delle opere d’arte che vi sono racchiuse. Verso il 1880 un visitatore del livello di Jacob Burckhardt affermava pieno di entusiasmo: “Quale splendore artistico si irradia da questa misera chiesa!”

Nell’atmosfera raccolta della chiesa, con le sue arcate gotiche che reggono le nude capriate del tetto, lo sguardo di chi vi entra è immediatamente colpito dall’effetto scenico e dalla vivacità dei colori delle pitture presenti sulla grande parete divisoria.

Gli affreschi realizzati da Gaudenzio Ferrari costituiscono uno dei capolavori della pittura rinascimentale tra Piemonte e Lombardia. Essi raccontanoLa Vita e la Passione di Cristo attraverso scene che occupano una superficie di 10,4 x 8 metri: venti riquadri di uguale grandezza illustrano – secondo un tradizionale schema geometrico pensato per assolvere alla funzione pedagogica di Biblia pauperum – le vicende salienti del racconto evangelico, dalla Annunciazione alla Resurrezione di Cristo. Una ulteriore scena, di dimensione quadrupla, posta al centro della parete, rappresenta l’acme drammatico del racconto ed il punto di naturale convergenza dello sguardo dei fedeli: la Crocifissione di Cristo.

Il pittore valsesiano, realizza gli splendidi affreschi di questa parete nel 1513 (come ci avvertono due tondi che recano la scritta autografa “Gaudenzius Ferrarius Vallis Siccidae pinxit”), quando già da almeno una decina di anni era impegnato nei lavori al Sacro Monte ed aveva già al suo attivo opere prestigiose come il Polittico di Sant’Anna.

Nel realizzare gli affreschi della parete di Santa Maria della Grazie il Ferrari si dimostra aggiornato sulle grandi novità del Rinascimento italiano; “in primis” sulla lezione che Leonardo ha lasciato a Milano (l’Ultima Cena di Gaudenzio, ad esempio, sembra riproporre secondo un diverso scorcio prospettico la animata drammaticità del Cenacolo vinciano; leonardeschi sono i paesaggi rocciosi che fanno da sfondo ad alcune scene); poi c’è la lezione del Bramantino con la sua capacità di far emergere statuariamente le figure, messe in primo piano rispetto a suggestive prospettive architettoniche; poi c’è anche la lezione del Perugino e degli altri pittori centro-italiani meditati nel viaggio che Gaudenzio ha compiuto sino a Roma.

Ma se si cercano i “veri” debiti artistici di Gaudenzio nella realizzazione della parete con le scene della Vita di Cristo, il primo pittore che occorre forse citare è Martino Spanzotti – a quella data era ancora attivo – che più di venticinque anni prima aveva realizzato un’opera simile affrescando la grande parete della Chiesa di San Bernardino ad Ivrea, e la cui influenza si era fatta chiaramente sentire nei primi lavori del Monte. La scena notturna dellaCattura di Cristo è una citazione quasi letterale di quella analoga dipinta dalla Spanzotti ad Ivrea, con modi pittorici che anticipano quell’indagine chiaroscurale sulla realtà alla luce delle torce che sarà così cara ai caravaggeschi.

Tuttavia, all’altezza degli anni in cui realizza gli affreschi delle Grazie, Gaudenzio Ferrari dimostra una autonoma personalità artistica. Se egli – consapevole delle più celebrate novità artistiche – guarda “indietro” verso Martino Spanzotti lo fa in omaggio alla “nobiltà umana, anziché umanistica” espressa dagli affreschi di Ivrea, alla sua poetica che guarda alla realtà della gente umile, alla loro fede vissuta come ricerca di senso rispetto alla quotidiana fatica di vivere.

Si è osservato che questo guardare indietro il pittore di Valduggia giunge, senza remore, a rivisitare addirittura i modi artistici della produzione pittorica gotica in Piemonte, a cominciare dal vecchio Jaquerio, quando essa serva ad ottenere un di più di drammaticità scenografica nel racconto evangelico svolto per immagini.
Nasce di qui il ricorso ai rilievi plastici per mettere meglio in risalto il luccicare delle armature dei soldati o l bagliore delle aureole. Si intuisce, anche per questa via, che Gaudenzio sta riflettendo sui lavori del Sacro Monte e sui modi per ridurre a sintesi pittura e scultura.

Crocifissione, affresco, 1513, parete della chiesa di S. Maria delle Grazie, Varallo

La stessa impaginazione delle scene – a cominciare dalla grandiosa Crocifissione – sembra voler anticipare i progetti degli apparati decorativi delle cappelle da realizzare sopra la parete rocciosa di Varallo.

« Credo – osserva Giovanni Testori – che proprio su questa Crocifissione, dove, per una più concreta verità scenica, alcune parti sono dipinte in aggetto, Gaudenzio puntasse per convincere, se mai ce n’era bisogno, i frati e i Fabbricieri ad accettare il suo progetto e a iniziar l’opera; come dicendo: “Vedete? Il gruppo delle donne non sembra già scultura? E gli scudi? E gli elmi? E le lance? Ma lassù, dietro le croci e tutt’intorno, metteremo i pastori, i signori, voi, gli amici, mi ci metterò io stesso, le madri, la valle intera; sempre che non sia stata l’opera medesima, con quell’appieno di sentimenti, a convincerli da sé… »
(G. Testori, Gaudenzio Ferrari, catalogo della mostra di Vercelli, 1956)

Le scene di questa grande parete affrescata non anticipano solamente quelle che Gaudenzio stesso realizzerà al Monte, ma diventano – anche agli occhi dei successivi committenti – una sorta di “manifesto programmatico” ad uso degli artisti che, nel tempo, rileveranno la sua opera. Si prenda, ad esempio, la Orazione nell’orto con la scena divisa in due fasce, quella di Gesù in preghiera e quella degli apostoli addormentati: la stessa impaginazione sarà fedelmente ripresa nella disposizione delle statue di Giovanni d’Enrico; oppure si osservi la figura del “gozzuto” che compare nella Salita al Calvario che verrà ripresa quasi letteralmente dal Tabacchetti nell’omonima cappella.

Un rapporto stretto corre dunque tra la superba parete gaudenziana in Santa Maria delle Grazie e la unitarietà degli sviluppi dei lavori nel “gran teatro montano” sulla parete rocciosa che incombe sulla della chiesa.

 

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