Cortile d’Onore
Pianta dell’edificio e del giardino formale
La Villa, come appare da un attento esame della planimetria, rivela due fasi di costruzione. Furono utilizzati in parte muri preesistenti (la facciata non è simmetrica rispetto all’edificio, i due porticati hanno diverse profondità, ecc.), ma i caratteri stilistici del fabbricato e della decorazione sono unitari, sicché si può presumere che le opere murarie e le pitture della fronte, dei cortili, dei portici, della scala e di parte degli interni, abbiano avuto luogo tutte fra il 1530 e il 1570. Gli affreschi non possono essere anteriori al 1560, giacchè nel cortile appare lo stemma di Giovan Angelo Medici di Marignano eletto Papa nel 1559 col nome di Pio IV.
Stemma Mozzoni
Il gran portale d’arco, di pietra bugnata che ricorda quello del palazzo Cicogna di Milano, porta lo scudo marmoreo con i tre aquilotti dei Mozzoni, mentre nell’interno appaiono molti stemmi dei Cicogna e qualche scudo composto con le due insegne: in alto la Cicogna, in basso le Aquile. Il cortile ha tre soli lati; in luogo del quarto si apre la visione deliziosa del “giardino di casa”. Le pareti del cortile ed i porticati sono decorati con una vivace serie di pitture; nei riquadri tra le finestre dei primi due lati appaiono figure maschili e femminili e sotto ciascuna, nella fascia, un’insegna araldica che forse ne permetterà l’identificazione. Le grandi figure ed i medaglioni, che con l’andare degli anni il tempo inesorabilmente cancella, rappresentano con molta probabilità gli allora proprietari di casa e gli Sforza, Duchi di Milano, che molto spesso venivano a Bisuschio a caccia. Sotto i portici sono rappresentate cacce a cavallo, scene agresti e di pesca: è un interessante documento iconografico della vita che si svolgeva nel parco, nel bosco, nei poderi dei Mozzoni. Questo complesso di affreschi è comunemente assegnato ai fratelli Campi di Cremona e alla loro scuola. Si tratta di una produzione decorativa di buon livello e di stile inconfondibile, ispirata al più puro gusto rinascimentale. Sono affreschi che solo intorno al 1800 vennero riportati alla luce, dato che, al tempo della peste (XVII sec.) erano stati ricoperti da uno strato di calce, per ragioni igieniche. Si possono notare a sinistra delle tracce di martellate per far saltare l’intonaco, e questo lavoro venne subito fermato non appena ci si accorse che sotto esisteva un affresco. L’allegria che doveva regnare in questa casa è simboleggiata dalla fascia che separa il pianterreno dal primo piano; è tutta una ridda festosa, un movimentato gioco di putti che tengono cani per la caccia, corrono sui carri, si avvincono, reggono targhe stemmarie. Nel terzo lato campeggiano divinità pagane: Giove tonante, Diana cacciatrice, ecc.; in tre specchiature ovali della fascia sono raffigurate Aretusa presso la fonte ed altre ninfe silvestri. Negli archetti presso il cornicione di gronda stanno cartigli con motti e sentenze morali, che il tempo ha sbiadito.
Lo Scalone d’Onore
Scalone d’Onore (Foto Vincent Berg)
Si accede poi allo scalone, dalle pareti e dalle volte dipinte. A mezza scala due busti in marmo di Augusto e Francesco Mozzoni. Nella parte superiore dello scalone, sopra la balaustra disegnata sulle pareti, sono raffigurate le vedute panoramiche delle terre circostanti. Naturalmente gli artisti hanno idealizzato queste visioni, ma si può riconoscere la collina sopra Besano, ed il castello, attualmente diroccato, di Cuasso al Monte. Intervallati dagli affreschi, vi sono originali ghirlande di frutta, fiori e foglie che simboleggiano i prodotti delle terre circostanti. La fantasia degli artisti ha creato, sul bellissimo soffitto, degli arabeschi che incorniciano delle piccole vedute e delle scene idilliache. Gli stemmi dello scalone e del cortile sono quelli delle mogli dei primogeniti della famiglia Mozzoni (Visconti di Pogliano, Bossi, Arcimboldi, e Mozzoni).
La Biblioteca
In un primo tempo questa sala serviva per i trattenimenti. Si faceva della musica, i giullari intrattenevano i loro ospiti ed i proprietari cantando, recitando poesie, suonando e ballando. Infatti sul festone che corre lungo tutte le pareti, sono rappresentati degli amorini che sostengono le parole: “Ad dulces parnasi numina cantus venimus”. Inoltre si vedono le nove Muse, figlie di Giove e Mnemosine: Calliope Musa dell’elegia, Clio musa del canto epico, Erato musa della poesia amorosa, Talia musa della commedia, Melpomene musa della tragedia, Tersicore musa della lirica corale, Euterpe musa della lirica monodica e del flauto, Polimnia musa della danza e del canto sacro, Urania musa dell’epica astronomica e didascalica. Inoltre è raffigurato Apollo (Dioniso Musagete) che nella mitologia guida il coro delle muse, che insieme a lui danzano e cantano, specialmente durante le feste e i banchetti degli dei dell’Olimpo.
Biblioteca (Foto Vincent Berg)
Nella parte superiore del camino, grande affresco raffigurante Vulcano e Venere. In un secondo tempo questa sala venne adibita a cappella. A metà circa della biblioteca attuale, si aprivano due porte e all’interno era situato l’altare dove il cappellano di famiglia celebrava la S. Messa. L’affresco del camino veniva allora ricoperto con un drappo. In seguito il permesso di dire la Messa venne tolto appunto perché nella sala vi erano troppe nudità, ed essendo quindi scomparsa la ragione di tenere vuota una così grande stanza, si pensò di adibirla a biblioteca, per collocare le varie migliaia di volumi (5000) che le precedenti generazioni e gli attuali proprietari avevano raccolto. Di particolare interesse è l’enorme camino, il grande tavolo da sarto del 1670, un baule di legno del XIV secolo, ricoperto di metallo e velluto, un lampadario del ‘500 veneziano, ed il soffitto in legno.
Prima Stanza
Al centro una fortepiano costruito da Anton Walter a Vienna nel 1798.
Sulle porte laccate in rosso è raffigurata in oro la Cicogna, emblema degli attuali proprietari.
Sala detta del Fortepiano
Magnifico soffitto a cassettoni dell’epoca con borchie in oro zecchino mai toccate ne restaurate finora. Sulle pareti di questa stanza e delle due che seguono sono affrescati dei panneggi di damasco. La pignoleria degli artisti è arrivata sino al punto di disegnare i chiodi che sostengono le stoffe.
Seconda Stanza
Letto a baldacchino del XVIII secolo (Foto Vincent Berg)
Bellissimo letto matrimoniale con baldacchino a volta settecentesco detto della “Cittrona”. La seta della coperta della parete esterna del letto e del baldacchino è ricamata a piccolo punto. Di grandissimo valore il mobilio di noce scolpito tardo barocco. Di fianco al letto statua raffigurante una donna col bambino. Festone affrescato con animali e bellissimo soffitto in legno, con borchie dorate.
Terza Stanza
Anche alle pareti di questa stanza panneggi di damasco affrescati. Nell’angolo affresco del 1534 riportato su tela, rappresentante la Madonna col bambino e San Rocco patrono degli appestati, che mostra la sua piaga all inguine, attribuito alla scuola del Borgognone.
Affresco raffigurante San Rocco e la Vergine Maria
Sulla scrivania, trasformabile in tavolo, due candelieri in bronzo dorato. Poltrona doppia del ‘600 e poltrone ricoperte di cuoio bicolore. Alle pareti cassapanca austriaca del 800. Il pavimento di questa stanza, in cotto, gode della particolarità di essere stato colorato con sangue di bue.
Quartiere delle Donne
Affreschi esterni (Foto Vincent Berg)
Dall’esterno del fabbricato è possibile vedere sei finestre, tre delle quali finte su cui sono state dipinte alcune donne intente ad osservare quello che accadeva nel cortile.
Soffitto e fregio
Nella prima sala l’affresco vicino al soffitto raffigura fauni, nani, le tre dee della bellezza, amorini su una biga trainata da leoni. Soffitto a quadri disegnati. Da notare le panchine in pietra sotto le finestre.
Seconda Sala
In alto raffigurazioni fantastiche di donne, animali, draghi e amorini.
Soffitto e fregio
Bellissimo soffitto a scatola ed armadio dell’epoca incastrato nel vano di una finestra. Dall’iscrizione sul cassetto posto sotto l’armadio, si può dedurre che questa era la stanza di Cecilia Mozzoni da nubile.
Armadio di Cecilia Mozzoni (vissuta tra il 1538 e il 1613)
Terza Sala
Letto a colonne in oro zecchino e sedie del ‘600 ricoperte di stoffa. Alle pareti affreschi di legumi.
Stanza Verde
Grande armadio in noce e comodino intagliato, letto a colonne del ‘600. Da questa stanza si ha la vista sul giardino segreto e terrazzato a nord.
Giardino terrazzato a nord (Foto Vincent Berg)
Stanza Rossa
Grande letto con baldacchino a volta panoramica ricoperto di seta. Alle pareti due magnifiche specchiere dorate del ‘700 francese. Bellissimo trumeau olandese del 1600. Da notare il soffitto e le panche in pietra a fianco di ogni finestra. su una delle lesene affrescate vi è la data del 1559, che segna l’epoca in cui vennero realizzati gli affreschi.
Altra Stanza
Letto a colonne con fregi in oro zecchino e originale doppia scrivania in legno di rosa, le sedie di cuoio sono del ‘600.
Grande salone da ricevimento
E’ la sala più importante della villa, il soffitto è a cassettoni, molto elaborato. Grandissimo camino in pietra di Viggiù riccamente scolpito con riquadri raffiguranti armamenti ed attrezzi. Alle pareti cinque quadri raffiguranti antenati dei Cicogna Mozzoni. La donna è Angela Mozzoni, unica figlia dei Conti Mozzoni. Sposò Gian Piero Cicogna nel 1580, portando come dote tutti i beni dei Mozzoni, compresa la casa di Bisuschio.
Salone d’Onore in una foto della fine dell’800
Da notare un armadio in legno finemente scolpito del primo ‘600. Ai lati una serie di sedie tutte rivestite con tessuto ricamato a piccolo punto e quattro consolles in legno scolpito del ‘700. Sulla cassapanca del’ 600, in fondo, vi è una statua del cane che in occasione di una battuta di caccia, salvò la vita di un Duca di Milano. Infatti durante una battuta all’orso, un magnifico esemplare venne scovato da una muta di cani e venne assalito. Questi si difese e mise fuori combattimento quasi tutti i cani. Al gran rumore accorsero tutti i cacciatori, fra i primi il Duca di Milano che si trovò improvvisamente di fronte all’orso inferocito. Il cane, che era già stato ferito, raccolse le sue ultime energie e con un balzo azzannò l’orso alla gola. Questo fu sufficiente per distogliere l’attenzione dell’orso dal Duca che ormai stava per essere azzannato a permettere ad Agostino Mozzoni di abbatterlo.
Nelle cronache del Simonetta si legge che l’orso pesava ben 250 libbre e che “guastò tre homeni e amazò un cane”. La fiera finì impagliata su un rovellino del castello Sforzesco di Milano, accanto ad un cervo imbalsamato. Uno degli uomini “guastati” fu per certo Agostino Mozzoni, il quale doveva aver seguito la caccia che si svolgeva, affrontando la fiera scovata dai cani con lancia e spada. Infatti nel diploma concessogli il 4 Novembre 1476, cioè nello stesso anno in cui avvenne l’episodio sopra descritto, si ha notizia dell’incidente capitato al Mozzoni, dal Duca che lo esentava dal pagamento di certe imposte, sia per l’ospitalità sia per la devozione. “Intus ursorum venationibus, quas nuper in vicariatu nostro Varisij fecimus ita se prontium in imnibus praebuit……….. Augustinus de Mozzonibus de loco Besustij…….ut aliqua ex parte satisfaciamus vulnere quod ad urso in ipsis venationibus illatum…..ecc.”
Il mastino morì per le numerose ferite ed i Mozzoni, in riconoscenza, fecero fare questa riproduzione in terracotta e diedero sepoltura alla bestia in giardino, erigendo anche un piccolo monumento che tuttora si può ammirare.